Il tempo si mantiene, purtroppo, inclemente e dopo un breve tragitto in pullman raggiungiamo Tenuta San Guido.
Id est : Sassicaia
Un cult wine. Protagonista indiscusso ed indiscutibile del rinascimento enologico italiano, tutti giurano di averlo bevuto almeno una volta ed inevitabilmente si dividono fra guelfi e ghibellini nella migliore delle tradizioni italiane. C’è chi si iscrive al partito dei detrattori accaniti, quelli che solo a sentir parlare di Sassicaia storcono il naso e, con atteggiamento snobistico, affermano con tono perentorio che quel vino lì, pluriosannato dalle guide di tutto il mondo, li ha profondamente delusi e che non vale assolutamente il prezzo che costa. C’è chi, invece, si iscrive con entusiasmo al partito degli adoranti e fedeli sostenitori, infischiandosi dell’eventualità di esser tacciato di conformismo e di essere privo di autonomia di pensiero.
Devo confessare che, nel mio piccolo, anch’io sono stato protagonista di un piccolo “ribaltone” passando dal primo al secondo partito, ma credo di essere in buona compagnia….chiunque abbia infatti avuto la fortuna di assaggiare il vino del Marchese Incisa della Rocchetta con qualche lustro sulle spalle è destinato ineluttabilmente a compiere lo stesso percorso.
Il concetto di Perfezione , di Eleganza, di Equilibrio appare, subito dopo, più chiaro e decifrabile, e questo chiunque tu sia e qualunque esperienza tu abbia con le grandi bottiglie.
Essendo stato folgorato sulla via di San Guido le mie considerazioni sulla visita alla tenuta saranno sicuramente condizionate da una trasparente faziosità e come tale preferisco autodenunciarmi all’Autorità Garante per le reiterate violazioni della legge sulla par condicio che mi appresto a compiere.
Entriamo nella barriccaia, un’ambiente raccolto e un po’ angusto con i muri perimetrali intonacati di bianco e con il pavimento di piastrelle in simil-cotto anni ‘60 e quasi ci meravigliamo di avvertire precisamente il tradizionale odore di cantina. A malapena, a causa dell’illuminazione fioca, scorgiamo delle modeste ma dignitose scaffalature di color rosso, in gran parte attaccate dalla ruggine, che si sviluppano in altezza fino a portare le barriques a sfiorare il tetto dalle travi a vista di legno scuro e con vaste chiazze di muffa che hanno mangiato quasi tutta la vernice rossa del soffitto.
Appena qualche ora fa eravamo a Cà Marcanda di Angelo Gaja, una struttura high tech realizzata dal grande architetto astigiano Giovanni Bo con innovativi sistemi di climatizzazione, un processo di vinificazione a caduta senza l’utilizzo di pompe, installazioni artistiche all’esterno e all’interno della cantina, il tutto, naturalmente, costato svariati milioni di euro.
Il contrasto è troppo evidente per non avvertirlo in tutta la sua stridenza ricca di significato.
Mi viene un dubbio: arrivo quasi a sospettare che dietro ci sia lo zampino di Daniela, che vuole farci riflettere sulle diverse filosofie delle due Case vinicole…Forse la sobrietà piemontese più autentica è quella sommessa semplicità non ostentata del Marchese Incisa della Rocchetta e di Giacomo Tachis.
Scusate, ma l’avevo detto sono di parte!
Bolgheri Sassicaia Sassicaia 2003
Rosso rubino profondo e brillante.Naso sicuramente ancora in evoluzione ma già di grande fascino. Subito ribes nero, prugna ed erbe aromatiche in primo piano, poi il quadro olfattivo si arricchisce lentamente di umori di terra bagnata e di una sfumata nota minerale ferrosa. Sommesso e raffinato come nella tradizione del Sassicaia.Una bocca piena, spessa e dalla struttura elegante, con una progressione gustativa che dall’attacco fino alla deglutizione è segnata da una spalla acida che fa da catalizzatore ad una netta sapidità salmastra che solo lievemente si avvertiva al naso. Tannini di grana fine ma non ancora sufficientemente domati dalla lunga sosta in barrique ma che fanno ben sperare sulla grande longevità di quest’annata.
Il Sassicaia dimostra, ancora una volta, di non aver nessuna intenzione di abdicare e di rimanere impassibile e ben saldo sul suo regale trono nonostante si moltiplichino i candidati alla successione.
Le mie” istantanee” del viaggio studio.
1) Le rotelle della scultura lignea della Fertilità e le barriques allineate al millimetro con le fughe del pavimento in basalto di Cà Marcanda;
2) Il profumo di cantina e la tettoia rossa ammuffita della barriccaia di Tenuta San Guido;
3) La pera cotta al vino rosso e ginepro con mattonella di frutta secca e gelato di gorgonzola della Tenda Rossa;
4) L’albarese sbriciolato tra i filari dei vigneti Solaia e Tignanello di Antinori;
5) La grande competenza di Renzo Cotarella;
6) Il Carnaroli all’aringa con burro di mele cotte e cannella, salsa di broccoli romaneschi e soffiata di broccoli di Vissani ed una citazione anche per il pachino caramellizzato della piccola pasticceria.
7) Il carpaccio di chianina di Podernovo.
E per quanto riguarda la lezione di lunedì pomeriggio: Il Cabreo in blind tasting, una lezione nella lezione.
martedì 28 marzo 2006
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