venerdì 9 febbraio 2007
Moscato Rosa 2004 Franz Haas
Centrato alla prima “snasata” nel bicchiere… Ti colpisce per l’intensità dei toni di frutta fresca con in buon evidenza lampone e ciliegia; poi le nuances floreali di rosa e peonia ed il tradizionale tocco speziato dei chiodi di garofano. Il lungo finale è scandito da un crescendo dagli infiniti ritorni fruttati. Hic est Moscato Rosa!
Barbaresco 2002 La Spinetta
A mio avviso il vino più controverso della batteria.
Rubino luminoso e trasparente. Al naso subito una vigorosa ventata di marasca sotto spirito, spinta da un’esuberante nota alcolica, poi lentamente emerge una insolita scia speziata di pepe nero che spiazza e sorprende. All’assaggio un’acidità un po’ troppo pronunciata sembra schiacciare il tannino che comunque riesce a farsi apprezzare per la trama ben definita. Un’annata, quella del 2002, caratterizzata da abbondanti precipitazioni ma ancora tutta da decifrare per il Nebbiolo langarolo. Forse meritava un assaggio un po’ più meditato…
Rubino luminoso e trasparente. Al naso subito una vigorosa ventata di marasca sotto spirito, spinta da un’esuberante nota alcolica, poi lentamente emerge una insolita scia speziata di pepe nero che spiazza e sorprende. All’assaggio un’acidità un po’ troppo pronunciata sembra schiacciare il tannino che comunque riesce a farsi apprezzare per la trama ben definita. Un’annata, quella del 2002, caratterizzata da abbondanti precipitazioni ma ancora tutta da decifrare per il Nebbiolo langarolo. Forse meritava un assaggio un po’ più meditato…
Beyond the Clouds 2004 Elena Walch
Luminosa veste dorata. Si rincorrono in un frenetico tourbillon olfattivo i sentori di ortica e di bosso, poi ancora litchi, acqua di rose e vaniglia. Naso tanto espressivo quanto volubile, ma forse è proprio questo il suo fascino…La beva conferma il tocco raffinato e seducente grazie al compiuto equilibrio tra carezzevole morbidezza e ravvivante freschezza.
Qualche volta è così bello avere la testa tra le nuvole!
Qualche volta è così bello avere la testa tra le nuvole!
Ribolla Anfora 2001 Gravner
Oro antico dai vitali riflessi ambrati. Al naso è una continua scoperta di profumi ancestrali ormai dimenticati: camomilla romana, confettura di sorbe, agrumi canditi e miele di castagno su di uno sfondo soffuso di cera d’api e d’incenso. Sembra quasi di aver aperto uno di quei cassetti “proibiti” della credenza della casa di campagna della nonna. In bocca emoziona, sorso dopo sorso, per l’imprevedibile ed originale progressione organolettica. Un vino che divide e fa discutere: l’archetipo del vino da Simposio…Chapeau!
Franciacorta Cabochon Rosè Brut 2001 Monte Rossa
Candido rosa tendente al corallo pelle d’angelo. Fluente e fine il perlage che con costanza risale lentamente verso la sommità del bicchiere. Naso accogliente, da millésime transalpino, che attrae con la sua sottile eleganza: note di mela cotogna, pan grillè e nocciola tostata accompagnate da lievi soffi minerali. Gradevole al palato anche se poi si smarrisce un po’ e delude le attese soprattutto in termini di profondità. Da riprovare
giovedì 1 febbraio 2007
Casa del Nonno 13
1/2/07 pranzo al Casa del Nonno 13 – Sant'Eustacchio – Mercato San Severino (SA)Michela non è andata a lavorare, la convinco a venire in Tribunale con me e poi magari spilucchiamo qualcosa in giro…..proposta accettata senza riserve.
Dopo le cause breve confronto sulla scelta del locale ed invito a raggiungerci ad un noto maccheronico salernitano, il quale però declina affranto l'offerta.
Alle 13.00 siamo i primi ad arrivare e ci accomodiamo nella bella sala in cantina allo stesso posto della prima volta. Il menù ci viene elencato a voce dalla gentile signorina in sala, ma la sensazione è che qualche portata sia stata dimenticata. Ascoltato l'elenco io e Michela ci guardiamo un po' perplessi, comunque provvediamo ad ordinare la solita scaletta (antipasto, primo secondo e dessert).
Una volta allontanatasi la ragazza Michela mi dice: è sceso di livello, ricordavo delle pietanze più elaborate, oggi invece, paccheri al filetto di San Marzano, Genovese…. Bah.> Giunge il nuovo sommelier il quale mi enuncia i vini che servono a bicchiere, ne assaggio uno ma non mi convince, passo quindi a quello che tra i vini serviti a bicchiere dovrebbe essere il più interessante ma anche qui una delusione, lascio perdere e me lo tengo. Nel frattempo si avvicina Gaetano (il patron in sala) il quale dopo i convenevoli di rito ci propone di assaggiare delle alici di Cetara dissalate al momento e servite con olio di De Concilis e burro di bufala di produzione propria. Siamo così presi dalla ricercatezza e dalle novità che a volte dimentichiamo come può essere buona un cosa semplice, se poi questa cosa semplice è fatta di prodotti straordinari allora…. altro che Ferran Adrià. Bé avrete capito che le alici erano eccellenti. Giunge in tavolo anche il benvenuto: un timballetto di maccheroni su una passatina di pomodoro San Marzano, molto buono. Arrivano, quindi, la crema di sedano con sfogliatella ripiena di baccalà (una goduria) ed il carciofo ripieno su ragout di finocchi allo zenzero (una prelibatezza) .Nell'attesa del primo Gaetano ci fa visitare la bellissima stanza di affinamento ed il pensiero corre nuovamente a Totò quando, in miseria e nobiltà, a casa del ricco, diceva che aveva trovato il suo posto: in cucina; ugualmente anch'io avevo trovato il mio posto: nella stanza di affinamento, insieme a formaggi e salumi, alici e confetture, delizie prodotti rari che qui divengono unici.
I tagliolini al tartufo di Michela sono decisamente gustosi anche perché sono serviti su una fonduta di podolico che ne esalta il gusto. I miei paccheri ripieni di cianfotta e mozzarella su salsa di San Marzano mi fanno tornare a mente le cianfotte mangiate nella mia infanzia trascorsa in Irpina. Bravo chef (scuola Beck), ad aver riscoperto e rielaborato questa antica preparazione.
Quando giungono i secondi il giovane sommelier si avvicina e con rara sensibilità mi dice di essersi accorto che anche il secondo vino non mi aveva convinto e che me lo voleva sostituire con un calice di Cecubo di Villa Matilde, certamente più adatto alle portate di carne. Apprezzo la sensibilità (ed anche il fatto che non troverò nel conto il vino umbro) ed accetto di buon grado. Veramente buono lo stracotto di guanciale di manzo ll'aglianico su polenta punteggiata di verdurine così come ugualmente gustoso si rivelerà lo stinco di maiale cotto alla mela annurca con verdurine (la versione originale prevedeva la verza ma Michela se l'è fatta sostituire).
Piccola disputa formaggesca tra Michela e Gaetano, il quale raccoglie la sfida ed apre uno straordinario caciocavallo salentino acquistato con appena venti giorni ed affinato nella grotta delle meraviglie.
Lo sguardo di gratitudine per Gaetano non mi è piaciuto!!
Ad accompagnare il predetto caciocavallo giungono anche due gorgonzola di differente stagionatura, un pecorino di Pienza ed un pecorino sardo erborinato, tutti uno più buono dell'altro.Concludiamo la nostra bella carellata con una spuma di ricotta con cuore di cannella su salsa di arancia. Molto buona, unica pecca: il disco di pasta fillo presente nel piatto era stato passato nello zucchero a velo e fritto nello strutto, l'effetto strutto non mi ha convinto. E questa è stata l'unica pecca di un ottimo pranzo.Chiudo con un potente Ron agricolo di 15 anni.
Prima di andare via Gaetano ci omaggia di uno spicchio di quell'ottimo caciocavallo, per la serie: la classe non è acqua.
La morale: non sempre un menù innovativo e ricercato è certezza di un buon pranzo; non sempre un menù con piatti tradizionali si rivela un pranzo privo di emozioni.Conto € 110,00 in due.
Ser Giuseppetto
Dopo le cause breve confronto sulla scelta del locale ed invito a raggiungerci ad un noto maccheronico salernitano, il quale però declina affranto l'offerta.
Alle 13.00 siamo i primi ad arrivare e ci accomodiamo nella bella sala in cantina allo stesso posto della prima volta. Il menù ci viene elencato a voce dalla gentile signorina in sala, ma la sensazione è che qualche portata sia stata dimenticata. Ascoltato l'elenco io e Michela ci guardiamo un po' perplessi, comunque provvediamo ad ordinare la solita scaletta (antipasto, primo secondo e dessert).
Una volta allontanatasi la ragazza Michela mi dice: è sceso di livello, ricordavo delle pietanze più elaborate, oggi invece, paccheri al filetto di San Marzano, Genovese…. Bah.> Giunge il nuovo sommelier il quale mi enuncia i vini che servono a bicchiere, ne assaggio uno ma non mi convince, passo quindi a quello che tra i vini serviti a bicchiere dovrebbe essere il più interessante ma anche qui una delusione, lascio perdere e me lo tengo. Nel frattempo si avvicina Gaetano (il patron in sala) il quale dopo i convenevoli di rito ci propone di assaggiare delle alici di Cetara dissalate al momento e servite con olio di De Concilis e burro di bufala di produzione propria. Siamo così presi dalla ricercatezza e dalle novità che a volte dimentichiamo come può essere buona un cosa semplice, se poi questa cosa semplice è fatta di prodotti straordinari allora…. altro che Ferran Adrià. Bé avrete capito che le alici erano eccellenti. Giunge in tavolo anche il benvenuto: un timballetto di maccheroni su una passatina di pomodoro San Marzano, molto buono. Arrivano, quindi, la crema di sedano con sfogliatella ripiena di baccalà (una goduria) ed il carciofo ripieno su ragout di finocchi allo zenzero (una prelibatezza) .Nell'attesa del primo Gaetano ci fa visitare la bellissima stanza di affinamento ed il pensiero corre nuovamente a Totò quando, in miseria e nobiltà, a casa del ricco, diceva che aveva trovato il suo posto: in cucina; ugualmente anch'io avevo trovato il mio posto: nella stanza di affinamento, insieme a formaggi e salumi, alici e confetture, delizie prodotti rari che qui divengono unici.
I tagliolini al tartufo di Michela sono decisamente gustosi anche perché sono serviti su una fonduta di podolico che ne esalta il gusto. I miei paccheri ripieni di cianfotta e mozzarella su salsa di San Marzano mi fanno tornare a mente le cianfotte mangiate nella mia infanzia trascorsa in Irpina. Bravo chef (scuola Beck), ad aver riscoperto e rielaborato questa antica preparazione.
Quando giungono i secondi il giovane sommelier si avvicina e con rara sensibilità mi dice di essersi accorto che anche il secondo vino non mi aveva convinto e che me lo voleva sostituire con un calice di Cecubo di Villa Matilde, certamente più adatto alle portate di carne. Apprezzo la sensibilità (ed anche il fatto che non troverò nel conto il vino umbro) ed accetto di buon grado. Veramente buono lo stracotto di guanciale di manzo ll'aglianico su polenta punteggiata di verdurine così come ugualmente gustoso si rivelerà lo stinco di maiale cotto alla mela annurca con verdurine (la versione originale prevedeva la verza ma Michela se l'è fatta sostituire).
Piccola disputa formaggesca tra Michela e Gaetano, il quale raccoglie la sfida ed apre uno straordinario caciocavallo salentino acquistato con appena venti giorni ed affinato nella grotta delle meraviglie.
Lo sguardo di gratitudine per Gaetano non mi è piaciuto!!
Ad accompagnare il predetto caciocavallo giungono anche due gorgonzola di differente stagionatura, un pecorino di Pienza ed un pecorino sardo erborinato, tutti uno più buono dell'altro.Concludiamo la nostra bella carellata con una spuma di ricotta con cuore di cannella su salsa di arancia. Molto buona, unica pecca: il disco di pasta fillo presente nel piatto era stato passato nello zucchero a velo e fritto nello strutto, l'effetto strutto non mi ha convinto. E questa è stata l'unica pecca di un ottimo pranzo.Chiudo con un potente Ron agricolo di 15 anni.
Prima di andare via Gaetano ci omaggia di uno spicchio di quell'ottimo caciocavallo, per la serie: la classe non è acqua.
La morale: non sempre un menù innovativo e ricercato è certezza di un buon pranzo; non sempre un menù con piatti tradizionali si rivela un pranzo privo di emozioni.Conto € 110,00 in due.
Ser Giuseppetto
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